La manifestazione del pensiero per la Costituzione Italiana
L’art. 21 Cost. è la norma costituzionale principe e di ampia portata che tutela la libertà di manifestazione del pensiero, un principio cardine delle democrazie di stampo occidentale, che ha visto i propri esordi – in termini di riconoscimento – con la Rivoluzione Francese.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” […].
I limiti di portata generale a tale principio, impliciti ed espliciti, si possono riassumere in:
- buon costume;
- interessi costituzionalmente rilevanti (a mero titolo esemplificativo, tutti i diritti che appartengono alla sfera della personalità, come il diritto alla riservatezza, alla onorabilità, alla dignità della persona);
- ordine pubblico;
- tutela del prestigio delle istituzioni pubbliche (tutela del prestigio del governo, dell’ordine giudiziario e delle forze armate).
Come si evince da questo sintetico quadro, i beni giuridici tutelati tramite la limitazione dell’irrinunciabile diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero possiedono tutti un tenore pubblicistico: è difatti dall’esigenza di garantire un quieto e rispettoso vivere civile che nasce il peso e contrappeso di limiti e garanzie dell’altresì detto “diritto di parola”.
Tutela della libertà d’espressione: CEDU E ICCPR
Ampliando l’orizzonte, anche CEDU e ICCPR, tutelano la libertà di espressione, rispettivamente all’art. 10 e all’art. 19.
Secondo il manuale “Libertà d’espressione diritto dei media e diffamazione” (Media Legal Defence Initiative, Internationl Press Institute – ottobre 2016), i limiti alla libertà di espressione desumibili a livello europeo si possono riassumere in:
- protezione dei diritti e le reputazioni altrui;
- sicurezza nazionale;
- ordre public (che significa non solo ordine pubblico, ma anche benessere pubblico generale);
- sanità ed etica pubblica;
- integrità territoriale o pubblica sicurezza;
- riservatezza su informazioni confidenziali;
- autorità ed imparzialità della magistratura.
Si evince, quindi, che la ratio di questi due articoli di poco o nulla si allontana rispetto all’art. 21 della nostra Costituzione.
La CEDU, inoltre, indica che le limitazioni a questo diritto devono rispettare tre requisiti:
- ogni limitazione deve essere prescritta dalla legge;
- la limitazione deve adattarsi a una delle ragioni stabilite nel testo sullo strumento dei diritti dell’uomo;
- la limitazione deve essere necessaria al raggiungimento dello scopo prescritto.
I requisiti di cui sopra sono la rappresentazione di uno dei capisaldi dello Stato di Diritto, il bilanciamento della tutela e della limitazione di qualsivoglia diritto, in ottica di ricerca di un’armonia tra bene pubblico e bene privato.
Limiti giuridici sulla libertà di espressione sui social network
I social network sono piattaforme gestite da privati, pertanto non ascrivibili a canali di servizio pubblico, sebbene l’ampia portata degli stessi li definisca nel concreto sempre più simili, nella sostanza, ai mass media.
Le piattaforme social sottostanno a regole contrattuali che esulano dall’obbligo di controlli preventivi.
Agli stessi si applica la direttiva 2000/31/CE, recepita in Italia con il d.lgs. n. 70/2003.
I limiti di diritto pubblico alla libertà di espressione (ordine pubblico, buon costume ecc.…), valgono anche nei rapporti tra privati e, quindi, nel contesto social?
Il titolare della piattaforma può imporre regole più rigide che non lasciano spazio all’anarchia nell’ambito del pluralismo interno che deve garantire una piattaforma social?
Il titolare della piattaforma può cancellare l’account di un utente?
A livello europeo (ma non solo) il dibattito è aperto – amplificato anche sulla scorta degli eventi oltreoceano che hanno visto protagonista l’ex presidente americano Donald Trump – ma sembra convergere, sulla base di diverse iniziative, tra cui il Codice di condotta per lottare contro le forme illegali di incitamento all’odio online, che un limite alla libertà di espressione sui social e di conseguenza online tout court è l’incitamento all’odio.
A questo si aggiungano i già citati limiti di portata generale.
Sempre sulla scorta di una riflessione sui social, che si è poi allargata al web in generale, in Europa è stato adottato il Codice europeo sulla pratica della disinformazione, che si occupa delle cd. fake news.
La libertà di espressione online trova qui il limite nel:
- diritto all’informazione;
- diritto di cronaca.
I predetti limiti si applicano sia se oggetto della manifestazione “illecita” del pensiero è una persona fisica, sia se lo è un’entità astratta come un’idea, una legge, un orientamento politico, una scoperta scientifica.
Il confine tra libertà di espressione online e i diritti della sfera individuale
Parlando ora direttamente di web in generale, se la manifestazione del pensiero si riferisce ad una persona fisica identificata o identificabile, il discorso si fa ancora più complesso.
Innanzitutto, i limiti che subentrano in tal caso sono:
- protezione della reputazione altrui;
- diritto all’immagine;
- diritto alla riservatezza;
- dignità della persona umana.
A tutela di questi ultimi vi è il reato di diffamazione, integrato quando l’offesa è finalizzata alla portata conoscenza di un numero indeterminato di persone.
Una forma di diffamazione aggravata è quella che si realizza con il mezzo della stampa, con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (materiale o digitale), o in atto pubblico (comma 3).
Una martellante campagna di diffamazione effettuata tramite web o social è stata equiparata a mezzo di pubblicità; pertanto, la diffamazione online può integrare la fattispecie aggravata.
(Cass. pen., V sez., n. 7904/19; Cass. pen. sez. V, 13/07/2015, n. 8328; Tribunale Pescara, 05/03/2018, n. 652).
Quando la libertà di espressione si scontra con la concorrenza sleale
Sempre più frequenti sono i casi di pubblicizzazione via web di attività di tenore economico o vere e proprie attività di impresa, il cui fatturato ha prevalentemente origine online.
In tal caso la libertà di espressione si sostanzia spesso in libertà di critica che, nel concreto e nella maggioranza dei casi, interessa i competitor dei soggetti “commentati”.
In tal caso i limiti ampliano la loro portata e comprendono, oltre alla tutela dell’immagine e della reputazione dell’influencer o dell’azienda – ovverosia i diritti che appartengono alla sfera della personalità – tutti quei diritti che sono in relazione con la libertà di iniziativa economica altrui.
Vengono in tal caso in rilievo i seguenti:
-
diritto di proprietà ed utilizzo esclusivo del proprio marchio e dominio internet;
-
divieto di concorrenza sleale;
-
rispetto del diritto d’autore;
-
divieto di plagio;
-
divieto di sfruttamento economico delle attività e dei contenuti di proprietà altrui;
-
rispetto della libertà di iniziativa economica altrui e di esercizio dell’attività di impresa.
Come difendersi dalla concorrenza sleale
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Redazione Diritto dell’Informatica