Direttiva Omnibus 2023: quali i nuovi adempimenti?
Il 18 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto legislativo 7 marzo 2023, n. 26. Con tale intervento normativo il legislatore ha modificato il Codice del consumo (D. Lgs. n. 206/2005) in attuazione della Direttiva (UE) 2019/2161 (c.d. Direttiva Omnibus).
Il provvedimento legislativo ha introdotto non poche disposizioni – la maggior parte delle quali improntate a un principio di trasparenza – che impongono alle imprese e eCommerce di avviare una rapida attività di adeguamento al fine di evitare possibili sanzioni.
La trasparenza dei prezzi
I consumatori tirano un sospiro di sollievo dinanzi al nuovo art. 17-bis del codice del consumo (annunci di riduzione del prezzo).
Quante volte, nella veste di consumatore, si è dubitato della convenienza di certe offerte commerciali. Non è infatti raro che alcuni punti vendita gonfino i prezzi prima di applicare ingenti sconti, alterando così le informazioni a disposizione del consumatore e inducendolo a fare acquisti alla luce di una convenienza di fatto inferiore a quella percepita.
Con la citata disposizione ciò non è più possibile, poiché precisi obblighi di trasparenza sono stati posti in capo agli esercenti, i quali devono pubblicare il minor prezzo applicato nei 30 giorni antecedenti alla promozione.
Regole ed eccezioni sugli sconti
Il nuovo articolo 17-bis prevede l’obbligo per i professionisti (cioè chiunque eserciti un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale e professionale) di indicare il prezzo più basso applicato nei precedenti 30 giorni (c.d. prezzo precedente). Tale indicazione è richiesta solo ed esclusivamente quando l’esercente pubblichi annunci di riduzione di prezzo (c.d. sconti).
La prima questione che il dettato normativo solleva riguarda la definizione del prezzo precedente. Ci si potrebbe chiedere, infatti, se debba considerarsi tale il prezzo precedente a quello normalmente applicato oppure quello risultante dall’applicazione di precedenti sconti. A tale quesito una prima risposta può essere individuata nel comma quinto dello stesso articolo.
«Nel caso in cui la riduzione di prezzo sia progressivamente aumentata, durante una medesima campagna di vendita senza interruzioni, il comma 2 si applica alla prima riduzione di prezzo e, per le riduzioni successive, il prezzo precedente e’ il prezzo senza la riduzione anteriore alla prima applicazione della riduzione di prezzo».
Il comma quinto trova applicazione, ad esempio, durante la stagione dei saldi. Tale periodo, infatti, ha spesso durata superiore a 30 giorni e sul finire della stagione gli esercenti applicano una riduzione di prezzo maggiore rispetto a quella iniziale. In questo caso, vista la continuità nella riduzione dei prezzi, il comma quinto prevede che il prezzo precedente da esporre anche per le successive riduzioni sia uguale a quello previsto per la prima riduzione. La norma, però, sembrerebbe lasciare scoperto il caso in cui nei 30 giorni antecedenti sia stato applicato uno sconto senza continuità con le successive riduzioni di prezzo.
In quest’ultimo caso, stando alla lettera della norma, l’assenza di continuità impedirebbe di applicare il citato comma quinto. La disposizione prevede, infatti, che gli sconti debbano essere aumentati progressivamente e senza interruzioni. In via interpretativa, parrebbe potersi desumere che qualora un esercente dovesse applicare nei 30 giorni precedenti uno sconto di prezzo, anche solo per un giorno, il prezzo precedente che deve essere indicato non sarà quello normalmente applicato (privo di sconto), ma quello già scontato.
«Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista alla generalità dei consumatori nei trenta giorni precedenti all’applicazione della riduzione del prezzo».
Dall’altro lato, però, per determinare il prezzo precedente non si tiene conto né di eventuali vendite sottocosto effettuate nei 30 giorni anteriori alla riduzione di prezzo (art. 17-bis, co. 6) né dei c.d. prezzi di lancio. Inoltre, se i prodotti sono stati immessi sul mercato da meno di 30 giorni, oltre al prezzo più basso applicato, deve essere indicato il periodo di riferimento.
Come si è potuto vedere, la disposizione introdotta dal D. Lgs. n. 26/2023 prevede uno specifico obbligo informativo in capo ai singoli commercianti, lasciando tuttavia alcuni dubbi sul corretto adempimento.
Inoltre, l’art. 17-bis non trova applicazione per i prodotti agricoli e alimentari deperibili, ossia prodotti che potrebbero diventare inadatti alla vendita trascorsi 30 giorni dalla loro raccolta, produzione o trasformazione e i prodotti preconfezionati con durabilità non superiore ai 60 giorni.
Tutela del consumatore nei contratti ad oggetto digitale
Il D. Lgs. n. 26/2023 ha poi introdotto una serie disposizioni dedicate alla contrattazione online. Certamente il Codice del consumo non è nuovo a simili argomenti: già il D. Lgs. n. 173/2021 introduceva il capo I-bis all’interno del Titolo III, parte IV del Codice, intitolato «Dei contratti di fornitura dei contenuti digitali e di servizi digitali».
Con il precedente intervento legislativo il Codice del consumo è stato arricchito di disposizioni ad hoc per i contratti aventi ad oggetto contenuti e servizi digitali. Con l’ultimo intervento, invece, alcune regole che prima presentavano un carattere speciale, poiché dedicate ai soli contratti disciplinati nel capo citato, oggi sono state promosse al rango norme a carattere generale. Ad esempio, l’art. 46, come da ultimo novellato, estende l’ambito applicativo delle disposizioni generali a tutela del consumatore (Artt. da 48 a 67) anche al professionista che «fornisce o si impegna a fornire un contenuto digitale mediante un supporto non materiale o un servizio digitale al consumatore e il consumatore fornisce o si impegna a fornire dati personali al professionista».
Disposizioni dedicate al Mercato online
Una delle principali novità introdotte all’interno del Codice del consumo è rappresentata dalle disposizioni dedicate ai mercati online.
Per mercato online si intende «un servizio che utilizza un software, compresi siti web, parte di siti web o un’applicazione, gestito da o per conto del professionista, che permette ai consumatori di concludere contratti a distanza con altri professionisti o consumatori» (Cit. artt. 18 e 45 Codice del consumo).
Sebbene il concetto non sembri dissimile da quello di “servizio di intermediazione online”, introdotto dal regolamento (UE) 2019/1150, è bene non fare confusione.
«“servizi di intermediazione online”: servizi che soddisfano tutti i seguenti requisiti: a) sono servizi della società dell’informazione ai sensi dell articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio; b) consentono agli utenti commerciali di offrire beni o servizi ai consumatori, con l’obiettivo di facilitare l’avvio di transazioni dirette tra tali utenti commerciali e i consumatori, a prescindere da dove sono concluse dette transazioni; c) sono forniti agli utenti commerciali in base a rapporti contrattuali tra il fornitore di tali servizi e gli utenti commerciali che offrono beni e servizi ai consumatori».
Distinte sono anzitutto le finalità dei testi normativi contenenti le due definizioni. I servizi di intermediazioni online sono infatti disciplinati dal citato Reg. (UE) n. 2019/1150 nonché dal Digital Market Act (Reg. (UE) 2022/1925), che tutelano i commercianti nei rapporti B2B, in particolare tra i professionisti e i c.d. Gatekeeper. Questi coincidono con le imprese che forniscono servizi online che permettono agli utenti commerciali di raggiungere gli utenti finali, ad esempio: Google, Amazon, Microsoft La Direttiva Omnibus, invece, mira a disciplinare i rapporti B2C realizzati mediante l’uso dei mercati online.
Inoltre, diverse sono le definizioni: quella di mercato online presente nella Direttiva Omnibus pare accogliere al suo interno un più ampio ventaglio di fattispecie, al punto che si potrebbe considerare tale, ad esempio, la stessa pagina web progettata e utilizzata dal professionista per concludere contratti a distanza.
Classificazione dei prodotti e fornitore di mercato online
«“fornitore di mercato online”: qualsiasi professionista che fornisce un mercato online ai consumatori» (cit. art. 45 Codice del consumo).
Come appena evidenziato, il mercato online, a differenza dei servizi di intermediazione online, non necessariamente coincide con i grandi marketplace che tutti noi conosciamo. Perciò è opportuno ricordare che anche tale figura, sia che coincida con il professionista o meno, è soggetta ad una serie obblighi posti dal novellato Codice del consumo.
A titolo puramente esemplificativo, l’art. 49-bis, anch’esso introdotto con il D. Lgs. n. 26/2023, ha previsto una serie di obblighi informativi in capo alla figura di cui si discute.
Anzitutto i consumatori devono essere informati sui parametri che hanno determinato la classificazione dei prodotti o servizi offerti sul mercato online: l’interfaccia del mercato online deve mostrare, ad esempio, se i prodotti vengono classificati mediante criteri puramente oggettivi (prezzo, data di pubblicazione, etc.) o se vengono utilizzati, invece, criteri soggettivi (preferenze dell’utente, ricerche e acquisti passati, etc.). Il fornitore del mercato online deve poi informare il consumatore se colui che offre il bene o servizio sia un professionista o meno, in quest’ultimo caso i consumatori devono anche essere avvisati che non si applicheranno le norme a tutela dei consumatori previste dalla disciplina nazionale e comunitaria. Per finire, il fornitore del mercato online deve informare il consumatore sul modo in cui vengono ripartiti gli obblighi tra il terzo, professionista o meno che si avvale del mercato online, e il fornitore stesso.
eCommerce: Stop e sanzioni per le recensioni false
Molto spesso le imprese decidono di essere recensite dai consumatori al fine di acquisire maggiore credibilità e notorietà in rete. Sebbene non sia possibile considerare le imprese responsabili delle informazioni inserite dai terzi, è opportuno che l’imprenditore adotti le adeguate cautele anche per tale attività.
Tra le novità introdotte spiccano, infatti, alcune disposizioni in tema di recensioni online. Le recensioni, infatti, costituiscono una delle principali variabili che inducono i consumatori ad acquistare o meno un determinato prodotto. Per tale ragione, eventuali azioni od omissioni dei professionisti che possono incidere sulla veridicità e attendibilità delle recensioni integrano, ai sensi dell’art 22 e 23 del codice, pratiche ingannevoli.
In breve, quando il professionista svolge un ruolo nell’attività di recensione – ad esempio, fornendo l’accesso ai commenti ricevuti o dichiarando che tali commenti provengono da soggetti che abbiano acquistato o utilizzato i propri prodotti o servizi – è esposto a responsabilità amministrativa e civile se non ha adottato accorgimenti ragionevoli e proporzionati al fine di verificare che le recensioni provengano da chi abbia effettivamente utilizzato o acquistato i prodotti.
Le disposizioni citate, infatti, costituiscono esempi di pratiche commerciali ingannevoli soggette, ai sensi del novellato comma 9 dell’art. 27, a sanzioni amministrative pecuniarie da € 5.000 a € 10.000.000.
Come si è avuto modo di constatare non è agevole per le aziende stare al passo con la normativa vigente e con i suoi repentini mutamenti. Quelli indicati non sono altro che alcuni esempi degli obblighi e delle responsabilità degli imprenditori verso i consumatori. Per questa ragione, avere al tuo fianco un professionista del settore può risultare fondamentale per il tuo business. Rivolgiti allo Studio Legale FCLEX (con sede a Bologna, ma si può procedere anche completamente online) e chiedi dell’Avvocato Giuseppe Croari, che da anni opera nel settore, al fianco delle imprese.