Il dropshipping è uno schema di vendita online sempre più diffuso e apprezzato: come vedremo, infatti, può risultare particolarmente vantaggioso sia per aziende che non dispongono di risorse sufficienti per aprire un e-commerce, ma non vogliono rinunciare alla propria presenza online, sia per aspiranti imprenditori digitali alla ricerca di uno spazio nel mondo del commercio su internet, sia, infine, per i consumatori, che possono sfruttare i portali basati sul dropshipping per comparare agilmente i prodotti ricercati.
Il dropshipping, però, ha anche alcune criticità. Che tu sia un’azienda già attiva, un aspirante intermediario o un acquirente online, potrebbe quindi tornarti utile adottare alcune delle cautele descritte più avanti.
Dropshipping: come funziona
Il primo luogo, capiamo assieme cosa vuol dire dropshipping. Con un contratto di dropshipping il gestore di un portale online conclude un accordo commerciale con una o più imprese, in base al quale queste gli forniscono la merce richiesta dagli utenti del suo sito solo dopo che sono stati effettuati gli ordini.
Il gestore del sito, in altre parole, non avrà un magazzino, ma comunicherà di volta in volta al fornitore quali prodotti sono stati acquistati. Di contro, l’impresa produttrice non dovrà sopportare i costi di gestione di un e-commerce o di un negozio online, potendo però beneficiare lo stesso della visibilità offerta da internet.
Da un punto di vista legale, il contratto di dropshipping è un contratto atipico, regolato dall’art. 1322 del Codice Civile. In breve, vuol dire che non si tratta di un’ipotesi già regolata dalla legge, ma a cui le parti potranno lo stesso dar vita con una scrittura privata. Questa libertà, però, non è incondizionata: il contratto così stipulato dovrà infatti rispondere a un interesse considerato “meritevole” dall’ordinamento giuridico. Proprio per questo motivo, e anche considerate le criticità che vedremo meglio dopo, è sempre consigliabile farsi assistere da un legale nella redazione di un accordo di dropshipping.
I vantaggi del contratto di dropshipping
Torniamo ai vantaggi del dropshipping. Dal punto di vista di chi vuole aprire un portale online, non vanno sicuramente trascurati i bassi costi di avvio dell’attività. Gli investimenti richiesti, infatti, sono inferiori rispetto a quelli necessari per gli e-commerce più “tradizionali”, che implicano la predisposizione un sistema logistico complesso e articolato, se non addirittura di veri e propri stabilimenti produttivi per la merce messa in vendita. Appoggiarsi a fornitori esterni sulla base del dropshipping, inoltre, consente di rispondere meglio alle fluttuazioni di mercato: il fatto di non avere un magazzino, infatti, preclude in radice la possibilità di avere delle giacenze a fine esercizio.
Invece, per un’impresa già avviata, che però non intende aprire un proprio e-commerce, i vantaggi di stipulare un accordo di dropshipping possono essere di altro tipo: in primo luogo, in questo modo potrà estendere la propria rete di distribuzione. In secondo luogo, non essendo parte diretta di un contratto di vendita con un consumatore (da intendersi, per tale, una persona fisica che non agisce per scopi imprenditoriali, commerciali, artigianali o professionali) non dovrà sottostare, salvo i casi previsti dalla legge, alle norme del Codice del Consumo (decreto legislativo n. 206/2005), con tutto ciò che comporta, a titolo esemplificativo, per quanto riguarda il diritto di recesso o gli obblighi informativi. Lo stesso dicasi per la legge sul commercio elettronico (decreto legislativo n. 70/2003). Insomma, il contratto di dropshipping consiste, in un certo senso, in una forma di outsourcing che potrebbe rappresentare per diversi operatori economici una soluzione ottimale. Ma ci sono anche lati negativi?
Gli svantaggi del contratto dropshipping e le clausole da regolare
Non è tutto oro quel che luccica. Gli svantaggi principali del dropshipping sono dati dal fatto che, trattandosi di una figura contrattuale non disciplinata, nell’attività di tutti i giorni potrebbero sorgere diverse incertezze applicative.
L’accordo di dropshipping dovrebbe rispondere in modo chiaro e completo almeno ai seguenti interrogativi: cosa succede se il consumatore esercita entro 14 giorni dal ricevimento del prodotto il diritto di recesso previsto dagli articoli 52 e seguenti del decreto legislativo n. 206/2005?
Come gestire, a livello logistico, la spedizione dei beni al fruitore finale? In che termini è possibile utilizzare marchi e segni distintivi dell’impresa fornitrice? Sussistono vincoli di esclusività e/o non concorrenza? Come tutelare l’immagine e la reputazione aziendale?
Come gestire le conseguenze di eventuali contenziosi con i consumatori o con altri operatori economici che derivino dalla commercializzazione dei beni? Si pensi, ad esempio, al caso in cui il fornitore non consegni nei tempi previsti o ometta di consegnare la merce già regolarmente ordinata dall’utente del sito. Oppure, ancora, all’ipotesi in cui il fornitore non sia il titolare del marchio a cui si riferiscono i prodotti ma, a sua volta, un rivenditore. Ove non regolate adeguatamente, queste situazioni potrebbero avere conseguenze spiacevoli, dal momento che, come già detto, il gestore di un e-commerce basato sul dropshipping non ha alcun controllo e non è in alcun modo coinvolto nella filiera produttiva, ma, ciononostante, intrattiene i rapporti con i consumatori finali.
Facciamo qualche esempio
In Italia ci sono già state alcune pronunce in materia di dropshipping da parte di Tribunali e autorità indipendenti. Vediamone assieme alcune, per capire quali sono stati i punti di maggior criticità.
In un caso al vaglio del Tribunale di Milano (sentenza del 11/05/2021) il titolare di un famosissimo marchio di profumi di lusso si è opposto con successo ad un e-commerce basato sul dropshipping, perché non autorizzato e non in linea con il prestigio dei suoi prodotti. In particolare, il titolare lamentava il fatto che i suoi profumi erano stati messi in vendita con altri beni di minor prestigio, in aperto contrasto con la politica commerciale e di immagine fino ad allora adottata. Inoltre, era stato rimosso dalle confezioni di ciascun prodotto il codice identificativo. A tal proposito, il giudice non ha accolto la difesa dell’e-commerce secondo cui l’alterazione doveva essere addebitata solo ed esclusivamente al fornitore con cui egli aveva concluso un accordo di dropshipping, che l’avrebbe nei fatti posta in essere. Infatti, “ciò che rileva ai fini della contraffazione non è solo la materiale alterazione, ma anche la commercializzazione dei prodotti alterati”.
La tutela dei consumatori
In altre ipotesi, il contratto di dropshipping è stato oggetto di provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Nel procedimento n. PS10403B, ad esempio, un e-commerce di beni informatici basato sul dropshipping indicava come disponibili dei prodotti. I consumatori effettuavano l’ordine e ricevevano conferma dell’avvenuto acquisto. Successivamente, però, gli ordinativi non venivano evasi e il rivenditore risultava difficilmente reperibile.
L’AGCM ha dunque censurato tale comportamento, considerandolo una pratica commerciale aggressiva. In particolare, la scelta è stata dettata dal fatto che i consumatori “basano la loro scelta commerciale, oltre che sul prezzo, anche sulla presentazione del prodotto prescelto come disponibile e, pertanto, consegnabile attraverso la semplice spedizione. Ne deriva che le modalità informative presenti sul sito in merito all’immediata disponibilità dei prodotti offerti on line risultano idonee ad indurre in errore i consumatori, spingendoli ad assumere una decisione commerciale che non avrebbero altrimenti preso e, quindi, successivamente all’annullamento dell’ordine e/o alla risoluzione del contratto per il ritardo nella consegna, non riescono ad ottenere dal professionista il rimborso dei soldi versati”.
Chi si avvale del modello dropshipping dovrà dunque informare in modo ampio e chiaro i consumatori e, in ogni caso, dovrà consentire l’esercizio dei diritti a loro spettanti e previsti dalla legge o dal contratto.
Vendere online tramite il contratto dropshipping
Come si è visto, vendere online tramite il contratto di dropshipping presenta indubitabili vantaggi, specie nel caso di realtà non già consolidate e avviate online. Altrettanto significativi, però, sono i dubbi e le questioni che potrebbero sorgere in questo momento di incertezza normativa. Ma nella maggior parte dei casi non si tratta di ostacoli insormontabili: al fine di minimizzare i margini di rischio, infatti, è possibile (e consigliato) utilizzare dei contratti di dropshipping che prevedano le conseguenze delle situazioni più critiche.
A tal proposito, potrebbe risultare cruciale la consulenza di professionisti qualificati, con esperienza nel settore, come il nostro partner Studio Legale FCLEX.
Redazione di diritto dell’Informatica