L’incertezza degli ultimi anni ha incrementato significativamente la complessità dei rapporti tra aziende e fornitori, mettendo in luce l’importanza di tecniche di approvvigionamento efficienti ed efficaci. Nel gergo aziendalistico, il processo di reperimento dei beni e servizi necessari al funzionamento dell’impresa viene chiamato procurement. Si tratta di un procedimento complesso e articolato in varie fasi correlate tra loro, che non si risolve nel mero acquisto del bene o del servizio: le attività svolte vanno infatti dalla valutazione e selezione dei fornitori, alla negoziazione degli accordi contrattuali; dal monitoraggio della ricezione delle forniture, alla gestione delle relazioni con i fornitori.

Una modalità particolarmente innovativa di gestione del procurement è rappresentata dall’utilizzo di software ad hoc, che consentono di gestire digitalmente, in maniera semplice e veloce, tutte le fasi dell’approvvigionamento.

L’importanza della questione è evidente, considerando che la capacità di reperire beni a prezzi competitivi e di rispondere prontamente ai rischi legati a questo tipo di attività (ad esempio, ritardi nelle forniture, difficoltà di reperimento delle materie prime, e non solo) è fondamentale, in quanto può avere un impatto diretto sui profitti dell’impresa.

Vi segnaliamo l’uscita del nostro nuovo video che tratta proprio la tematica del procurement

Ma vediamo insieme, più da vicino, di cosa si tratta.

 

Procurement: Come ottenere più benefit dal vostro fornitore

I primi passi del processo di approvvigionamento sono rappresentati dalla valutazione delle esigenze dell’impresa e, subito dopo, dalla decisione strategica tra il build, buy or partner. La prima questione da dirimere è quindi la scelta tra: lo svolgimento al proprio interno dell’attività/la produzione del bene necessario; l’acquisto beni già completi; individuare un partener con il quale lavorare.

Se la scelta, come spesso accade, ricade sul buy, inizia il vero e proprio ciclo del procurement. A questo punto, il primo nodo da sciogliere riguarda la selezione del fornitore. Lo scouting dei fornitori, nazionali e internazionali, solitamente effettuato dall’ufficio acquisti dell’azienda, è un’attività estremamente delicata e rilevante. A tal fine, gli elementi presi in considerazione, oltre ovviamente ai costi, sono la velocità, l’affidabilità, l’ubicazione e i servizi post-vendita offerti dal potenziale fornitore; per una valutazione più precisa, può anche essere inviata una richiesta di preventivo.

 

Il preventivo è vincolante?

La richiesta di un preventivo non è, ovviamente, un contratto. Dal punto di vista giuridico, è una proposta di contratto che un soggetto fa ad un altro e che serve, essenzialmente, a predeterminare il prezzo della prestazione.

 

Come agire in caso di conflitto tra le parti

Tuttavia, è necessario prestare attenzione. Già in questa fase, infatti, è comune che sorgano conflitti tra le parti: tipico è il caso in cui il potenziale fornitore sostenga che, in realtà, la scrittura sottoscritta sia un vero e proprio contratto, mentre il potenziale cliente ritenga che si tratti di un mero preventivo. Per sciogliere dubbi di questo tipo bisogna ricorrere alle norme generali in materia di contratto dettate dal Codice civile: affinché possa aversi un contratto, infatti, è necessario che abbia avuto luogo l’incontro della volontà delle parti (la proposta, quindi, deve essere stata accettata). Ma non basta: la scrittura deve contenere in maniera chiara e certa tutti gli elementi del contratto, di modo che un’indicazione di massima del prezzo, ad esempio, non sarebbe sufficiente.

 

Quando va stipulato un contratto preliminare?

Qualora l’operazione economica o la trattativa siano particolarmente complesse, è possibile stipulare un contratto preliminare che, diversamente dal preventivo è un vero e proprio accordo vincolante. Per mezzo del contratto preliminare le parti si obbligano a stipulare un futuro contratto, detto definitivo, il cui contenuto viene più o meno compiutamente esplicitato già nel preliminare. I contratti di questo tipo, detti anche preparatori, si collocano solitamente in una fase avanzata della trattativa, e consentono alle parti di giungere gradualmente alla conclusione del contratto.

La stipula di un contratto preliminare offre delle forti garanzie. Tra le varie forme di tutela previste dalla legge vale la pena ricordare la possibilità di ottenere tutela in via risarcitoria e, soprattutto, la possibilità di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto: quindi, se un soggetto che si è obbligato a stipulare un contratto rifiuta di adempiere, l’altra parte può rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza che produca gli stessi effetti che avrebbe dovuto produrre il contratto non concluso (art. 2932 codice civile).

 

Quali sono le caratteristiche d’acquisto?

Vediamo adesso quali sono le caratteristiche dell’acquisto che è più importante prendere in considerazione al fine di determinare quale sia la disciplina applicabile al rapporto e quale tipologia di accordo sia più adatta a soddisfare esigenze dell’impresa.

Una prima distinzione fondamentale è tra acquisti diretti e acquisti indiretti, a seconda che l’azienda si interfacci direttamente con il fornitore, o con un intermediario. Nell’ambito della seconda ipotesi sta assumendo rilevanza sempre più centrale il ruolo dei c.d. B2B online marketplaces: le piattaforme di marketplace – tra le più celebri possiamo ricordare Alibaba – offrono accesso ad un’ampia gamma di potenziali fornitori, che possono offrire una varietà di prodotti o servizi a potenziali clienti commerciali. La comodità di questo tipo di servizi ha già catturato l’attenzione del settore: se per lungo tempo la trattativa diretta tra ufficio acquisti e fornitore è stata la norma, il futuro ha indubbiamente vocazione digitale.

 

Come la posizione influenza i rapporti con i fornitori europei

Tra le altre caratteristiche fondamentali del rapporto, ricordiamo la provenienza geografica del fornitore e la tipologia bene/servizio acquistato: vediamo subito quali sono le ripercussioni sugli accordi.

In base all’ubicazione delle parti, la disciplina applicabile all’accordo può cambiare: nessun problema si pone se entrambe le parti sono, ad esempio, entrambe italiane; ma quali leggi si applicano se provengono da Paesi differenti?

Si tratta di un’ipotesi sempre più frequente, che è stata affrontata in più occasioni dalla normativa nazionale e internazionale. Guardando, in primo luogo, al caso in cui le parti abbiano le loro sedi in uno Stato membro dell’Unione Europea, la disciplina in materia è dettata dal Regolamento europeo n. 593/2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I). Il principio fondamentale che viene enunciato dall’articolo 3 del Regolamento è quello della libertà di scelta della legge applicabile: sono le parti a scegliere da quale legge è disciplinato il contratto e possono cambiare la loro scelta, di comune accordo, in qualunque momento.

In assenza di una specifica pattuizione, il Regolamento fissa alcuni criteri di determinazione della legge applicabile, che variano a seconda dell’oggetto del contratto: per quanto riguarda il contratto di vendita di beni, ad esempio, la legge applicabile è quella del paese nel quale il venditore ha la residenza abituale; quanto al contratto di prestazione di servizi, invece, è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale, e così via (art. 4, co.1, lett. a) e b) Reg. (CE) N.593/2008).

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La località geografica come influenza invece le relazioni extraeuropee?

Se invece il fornitore ha sede al di fuori dell’Unione Europea, in più di 90 Stati (tra cui anche l’Italia) è in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili, c.d. Convenzione di Vienna (CISG) del 1980, che sancisce una serie di regole che si applicano alle vendite internazionali rientrati nell’ambito di applicazione della Convenzione (ne sono esclusi alcuni beni particolari, come navi, aliscafi ed elettricità).

La Convenzione detta una disciplina di diritto sostanziale che si sostituisce alle legislazioni dei singoli paesi al fine di contribuire alla rimozione delle barriere legali nel commercio interazionale e, dunque, alla promozione del suo sviluppo. Anche in ambito internazionale, ad ogni modo, viene data la priorità alla volontà dei contraenti: l’articolo 6 della Convenzione, infatti, prevede che le parti possono escluderne l’applicazione o derogare ad alcune delle sue disposizioni.

 

In caso di conflitti contrattuali: Come scegliere il foro competente

Diversamente da quanto si potrebbe essere portati a pensare, l’individuazione del foro competente a dirimere eventuali controversie prescinde dalla scelta della legge applicabile al rapporto.

Anche in questo caso, bisogna distinguere tra contratti internazionali e contratti stipulati tra soggetti europei:

  • per i contratti internazionali, si applica la Convenzione sugli accordi di scelta del foro (L’Aja, 2005). La Convenzione stabilisce che l’accordo espresso e stipulato per iscritto tra le parti, a proposito della scelta del foro è considerato esclusivo, se non diversamente specificato. “Scelta esclusiva del foro” significa che le parti devono designare, in caso di controversia, i giudici di un determinato Stato oppure uno o più specifici Tribunali, indicati con espressa esclusione di ogni altro giudice. La Convenzione, in sostanza, è volta a garantire il rispetto della volontà delle parti: gli Stati che applicano la convenzione sono infatti tenuti a riconoscere ed eseguire la decisione resa dal giudice designato.
  • per i contratti europei, si fa invece riferimento al Regolamento (UE) 1215/2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale all’interno dell’Unione Europea, che detta specifici criteri per l’individuazione del giudice competente.

 

Le clausole fondamentali nel contratto di Procurement con i fornitori

Arriviamo finalmente all’analisi delle opzioni che si presentano nel momento della scelta dello strumento contrattuale, scelta che dovrà ricadere sul contratto più idoneo a soddisfare le esigenze dell’impresa.  Gli strumenti contrattuali più diffusi, in Italia, nell’ambito del procurement, sono sicuramente la vendita e la somministrazione. La vendita non ha certo bisogno di presentazioni: è disciplinata dagli articoli 1470 e seguenti del Codice civile, che la definisce come «il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo».

Come la vendita, il contratto di somministrazione prevede prestazioni di cose, e non di servizi, ma a differenza di quest’ultima, che è istantanea, la somministrazione è caratterizzata dalla continuità o periodicità delle prestazioni, ed è quindi più indicata a soddisfare necessità ricorrenti dell’azienda. Nell’ambito della somministrazione è inoltre possibile stipulare un patto di preferenza, della durata massima di cinque anni, con il quale l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a preferire il somministrante nella stipulazione di un contratto con il medesimo oggetto.

Oltre che attraverso la scelta della fattispecie contrattuale, determinate esigenze possono anche essere soddisfatte attraverso l’inserimento di clausole ad hoc, volte a prevenire o ad agevolare a soluzione delle diverse problematiche che potrebbero presentarsi nel corso del rapporto. Tra le clausole che non mancano quasi mai dagli accordi ricordiamo:

  • la clausola penale. Viene inserita nel contratto allo scopo di predeterminare le conseguenze di eventuali inadempimenti o ritardi nell’inadempimento degli obblighi risultanti dal contratto. Più precisamente, con la penale viene determinato, in via forfettaria e preventiva, l’ammontare del risarcimento del danno causato dall’eventuale ritardo o inadempimento. Attenzione però: sebbene la previsione della penale abbia il vantaggio di rendere la somma dovuta dal debitore indipendentemente dalla prova del danno, ha anche l’effetto di limitare il quantum del risarcimento alla somma pattuita. Le parti possono comunque convenire la risarcibilità del danno ulteriore, ovvero di un danno il cui valore ecceda la somma pattuita; la sussistenza del danno ulteriore, tuttavia, dovrà essere provata dal creditore.

 

  • la clausola di esclusiva. Frequentemente parte dei contratti di somministrazione, può essere pattuita sia a favore del somministrante, che a favore dell’avente diritto alla somministrazione. Nel primo caso, farà sorgere in capo all’impresa il divieto – con alcune limitazioni – di ricevere prestazioni della stessa natura da parte di soggetti diversi da quello con il quale è stata pattuita la clausola di esclusiva; nel secondo caso, sarà il somministrante a non poter compiere – anche in questo caso, solo in determinati casi – prestazioni della stessa natura di quelle che formano oggetto del contratto, a favore di altri soggetti (artt. 1567 e 1568 c.c.).

 

  • il patto di riservatezza (Non Disclosure Agreement). Con l’accordo o patto di riservatezza le parti si impegnano a non diffondere informazioni la cui divulgazione potrebbe avere conseguenze dannose per una o per entrambe le parti. Un’azienda, ad esempio, potrebbe avere interesse a proteggere il proprio know-how, per evitare che se ne impossessi la concorrenza. Al patto di riservatezza si affianca tipicamente la previsione di una penale, che predetermina il quantum dovuto in caso di violazione.

 

Procurement risk: I rischi della standardizzazione del contratto

Se il contratto evoca, nell’immaginario comune, un momento di stipula bilaterale dell’accordo, discusso clausola per clausola, più aderente alla realtà degli scambi contemporanei è l’ipotesi dell’adesione alle c.d. condizioni generali di contratto, che si inscrive nel fenomeno della standardizzazione contrattuale. In concreto, si tratta della predisposizione da parte delle grandi imprese di contratti di contenuto identico destinati ad essere utilizzati per una molteplicità di rapporti, che non sono quindi oggetto di trattativa, ma di mera adesione da parte del contraente, il quale può solo scegliere di aderire o meno allo schema predisposto.

Si tratta di una prassi ormai diffusissima, poiché idonea a soddisfare le esigenze di celerità del mercato; d’altro canto, può presentare numerose insidie. Il contraente che si limita ad “aderire” all’accordo si trova infatti in una posizione di oggettivo svantaggio nei confronti di chi predispone il contenuto del contratto: e allora, com’è possibile difendersi?

Consapevole dei potenziali abusi ai quali si presta tale pratica, già il legislatore del 1942 ha inserito nel Codice civile due norme volte a ribilanciare i rapporti tra le parti: il riferimento è agli articoli 1341 e 1342. La prima norma prevede un duplice onere di comportamento: al predisponente è richiesto di rendere conoscibili le condizioni generali di contratto e di ottenere la sottoscrizione per iscritto delle c.d. clausole vessatorie; all’aderente è richiesta di adoperarsi, nei limiti della normale diligenza, al fine di conoscere le condizioni generali di contratto. La disposizione successiva si preoccupa di assicurare la prevalenza delle clausole frutto di trattiva eventualmente aggiunte dalle parti al modello di contratto. Presumendo che scaturiscano dalla volontà di entrambe le parti e siano dunque favorevoli alla parte debole, si prevede che, in caso di difformità rispetto alle previsioni del formulario, esse prevalgano sempre.

 

Cosa fare in caso di ritardo nella fornitura/procurement?

Un’altra problematica tipica nell’ambito del procurement è quella dei ritardi nelle forniture. In linea generale, il ritardo nell’adempimento di una prestazione determina il sorgere dell’obbligo del risarcimento del danno. Il soggetto moroso è quindi obbligato a rifondere il creditore sia delle perdite subite, sia del mancato guadagno derivante dal ritardo, a meno che provi che il ritardo (o l’inadempimento) siano dovuti a una causa a lui non imputabile (artt. 1218 ss cc).

Inoltre, come anticipato, le parti possono inserire nel contratto apposite clausole penali, con le quali si prevede che in caso di ritardo il contraente sarà tenuto a una determinata prestazione, tipicamente il pagamento di una somma.

In concomitanza dello scoppio dell’emergenza coronavirus e dei conseguenti, inevitabili ritardi e inadempimenti nelle consegne, il Governo ha introdotto una norma volta a sollevare espressamente da responsabilità le imprese qualora detti ritardi/inadempimenti siano dovuti al rispetto delle misure di contrasto alla pandemia. Il riferimento è al c.d. decreto cura Italia (d.l. n. 18 del 17 marzo 2020) il quale, all’articolo 91, prevede che «Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti». In questo modo si impone al giudice di tenere conto, ai fini della valutazione della responsabilità del soggetto inadempiente, del suo adeguamento alla misura di contenimento governativa.

 

La risoluzione anticipata del contratto: quando possibile?

Un’altra problematica comunissima a fronte dell’emergenza sanitaria e delle tensioni internazionali è l’aumento vertiginoso dei costi di beni e materie prime, e il conseguente aumento dei costi di numerosissimi contratti.

Per i contratti a esecuzione continuata, periodica o differita, come il contratto di somministrazione o il contratto preliminare, la legge prevede la possibilità di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. L’“eccessiva onerosità sopravvenuta” sussiste quando la prestazione diventa eccessivamente onerosa per una delle parti, determinando una profonda sproporzione tra le prestazioni, che va oltre l’alea normale del contratto. Lo squilibrio, inoltre, deve essere causato da eventi straordinari e imprevedibili dalla parte (art. 1467 cc).

Volendo evitare la risoluzione del contratto, la parte contro la quale essa è domandata – ovvero la parte non gravata dall’eccessiva onerosità sopravvenuta – può offrire di modificare equamente le condizioni di contratto, accettando di ridurre gli oneri gravanti sull’altra parte.

La gestione dei rapporti con i fornitori è un’attività tanto complessa quanto cruciale per la vita dell’impresa. Per questo, conviene affidarsi a dei professionisti realmente esperti nel settore: ti puoi rivolgere allo Studio Legale FCLEX (con sede a Bologna, ma si può procedere anche completamente online) chiedendo dell’Avvocato Giuseppe Croari.

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