Scatta il conto alla rovescia: il 24 gennaio è l’ultimo giorno per impugnare i contratti di lavoro scaduti prima del 23 novembre 2010. Analizziamo, dunque, gli aspetti principali del tanto contestato (ma non abbastanza noto) Collegato-lavoro“Collegato lavoro” e mettiamo a disposizione un fac-simile da utilizzare per formalizzare le proprie pretese verso il datore di lavoro ed evitare le decadenze previste dal “Collegato lavoro”.

INTRODUZIONE SUL COLLEGATO LAVORO

Non tutti sanno che, pochissimi mesi fa, è stata emanata una legge riguardante il mondo del lavoro capace di influire su tutti i contratti a tempo determinato  – qualora il rapporto di lavoro si sia già concluso.

Si tratta del c.d. Collegato Lavoro, legge n. 183/10, entrata in vigore il 24.11.2010. “Grazie” ad essa non sarà più possibile avanzare alcuna pretesa in relazione a rapporti e contratti di lavoro già conclusi dei quali si contesti la qualificazione giuridica (es. lavoro subordinato o autonomo) o la titolarità del rapporto (es. subappalto di manodopera) o l’illegittimo recesso (es. licenziamento), se non si procede alla impugnazione del contratto e dei relativi termini entro il 23 gennaio 2011. Ovviamente, essendo il 23 gennaio una domenica, l’ultimo giorno utile per l’invio della raccomandata di “rinnovo” dell’impugnazione è lunedì 24 gennaio 2011. La particolarità di tale normativa è che ha effetto retroattivo: invece di disporre solo dal periodo dopo il quale è entrata in vigore, ha effetto anche sui rapporti conclusi precedentemente alla sua emanazione (effetto, appunto, denominato retroattivo). La normativa consiste in una vera e propria riforma del diritto del lavoro e contiene anche norme di natura processuale, sulla mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni, sull’aspettativa per i dipendenti pubblici e su molti altri aspetti dell’ordinaria quotidianità.

Prima di entrare sugli argomenti di natura generale, è bene verificare quali siano i rapporti di lavoro soggetti alla decadenza prevista dal prossimo 24 gennaio 2011, di cosa si tratti e chi debba effettuare il rinnovo dell’impugnazione prevista dall’art. 32 del Collegato Lavoro.

 

CHI DEVE IMPUGNARE

Secondo le stime di alcuni sindacati, il numero dei lavoratori interessati oscilla tra le 100.000 e le 150.000 persone: cifre da capogiro, ma da verificarsi in concreto.

Principalmente possiamo suddividere i soggetti coinvolti in tale impugnazione in due grandi aree, riguardanti comunque i rapporti di lavoro conclusi prima del 24 novembre 2010, data di entrata in vigore del Collegato Lavoro;

1)    soggetti che hanno lavorato con un contratto a tempo determinato, una prestazione occasionale o comunque un rapporto di lavoro “precario”;

2)    soggetti che, a prescindere dal tipo di contratto (determinato o indeterminato), hanno subito un licenziamento, un recesso o un trasferimento. In questa area rientrano anche i soggetti che lavorano a tempo indeterminato ma con soggetti diversi dal titolare del contratto e i casi in cui si contesti il titolo e la qualificazione giuridica del rapporto.

Per i rapporti di lavoro ancora in essere, le decadenze si avranno dopo i 60 giorni dalla conclusione del rapporto di lavoro. Sarà dunque necessario per tutti i rapporti rientranti nelle due macroaree conclusi dopo il 23 novembre 2010, impugnare con raccomandata a/r tali contratti entro 60 giorni di tempo dalla conclusione del rapporto di  lavoro.

Dal momento che, attualmente, alla data di scrittura del presente articolo, vi è ancora qualche giorno prima della decadenza retroattiva del 24 gennaio 2011 prevista per tutti i rapporti di lavoro conclusi prima del 24 novembre 2010, procediamo ad una prima analisi sommaria dei principali campi di applicazione.

CONTRATTI DI PRECARIATO: il contratto a tempo determinato nel mondo dell’ICT

Il Collegato Lavoro impone l’impugnazione, a pena di decadenza, entro il 24 gennaio prossimo per i contratti già conclusi o entro 60 giorni dalla loro conclusione in relazione a tutti i rapporti di lavoro detti “precari”, fra cui ad esempio i contratti a progetto, di somministrazione e tutte le fattispecie a tempo “determinato”, compresa la “prestazione occasionale” (fattispecie ben conosciute dai giovani lavoratori).

Si tratta di strumenti appartenenti alla “generazione 1000 euro” utilizzate in tutto il mercato del lavoro, dall’artigianato fino al mondo dell’informatica. Il mondo della tecnologia non è, infatti, nuovo a queste tipologie contrattuali.

Quanti programmatori scrivono codice sorgente o fanno grafica con contratti a tempo determinato rinnovati di anno in anno? Quanti giornalisti, blogger, web designer, grafici, seo expert, web developer, lavorano con semplici “rimborsi spese” in modo continuativo e subordinato, senza essere liberi professionisti ma con contratti a progetto o prestazioni occasionali che in realtà durano anni?

Purtroppo se nel boom economico di dieci anni fa i manager vagavano nella Silicon Valley italiana alla ricerca di bravi informatici da vincolare a tempo indeterminato alle loro aziende, ora il panorama è molto diverso. Spesso sono richieste prestazioni lavorative addirittura senza contratto con il pretesto di valutare le qualità del lavoratore in prova, pur sapendo che il patto di prova deve essere necessariamente scritto, pena la sua conversione in contratto a tempo indeterminato.

D’altra parte, volendo dare uno sguardo al mondo delle aziende dal punto di vista imprenditoriale, va anche detto che non necessariamente un contratto a tempo determinato o a progetto è illegittimo. Anzi, un contratto a tempo determinato, se redatto correttamente, può diventare ineccepibile. Per questo, i consigli  – di alcune parti sociali – di impugnare in ogni caso il contratto di lavoro a tempo determinato lasciano i giuristi perplessi.

Il contratto a tempo determinato è uno strumento perfettamente lecito e disciplinato dalla riforma introdotta con il d.lgs. 368/2001 (in recepimento della direttiva CE 70/99 e di abrogazione della previgente legge n. 230/1962) che ha liberalizzato il ricorso al lavoro a tempo determinato, rovesciando la precedente impostazione fondata sul divieto del contratto a termine al di fuori di determinate ipotesi tassativamente previste ex lege.

L’attuale normativa vigente impone comunque il rispetto di determinati limiti, che talvolta vengono superati per dissimulare un rapporto di lavoro subordinato. Quindi non tutti i contratti a tempo determinato sono necessariamente contra legem! Vediamo come distinguere un contratto valido da un contratto utilizzato in modo fraudolento.

A norma dell’ art. 1, c. 2, D.Lgs. n. 368/2001, il contratto di lavoro a tempo determinato deve essere stipulato per iscritto, con l’indicazione del termine e delle ragioni per cui viene stipulato. L’inosservanza della forma scritta rende il contratto nullo e il rapporto si considera a tempo indeterminato. In alcuni casi l’atto scritto non è richiesto, ad esempio per le assunzioni con durata non superiore a 12 giorni di calendario.

La regola “generale” imposta dalla normativa italiana è quindi quella di effettuare il contratto a tempo indeterminato al nuovo assunto e la stipulazione del contratto a tempo determinato rimane ipotesi eccezionale, al ricorrere di determinati requisiti.

Infatti, per poter stipulare un contratto a tempo determinato devono essere rispettate le seguenti prerogative:

– devono essere esplicitate le esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che impongono il ricorso a tale strumento;

– tali circostanze devono rispondere ai requisiti di oggettività e, pertanto, essere verificabili;

– tali circostanze devono sussistere al momento della stipulazione del contratto.

Le scelte organizzative del datore di lavoro restano insindacabili perché tutelate dalla Costituzione.

Sul contratto a tempo determinato, inoltre, vi sono ulteriori limiti connessi al suo rinnovo. Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato solo quando ricorrano le circostanze già descritte precedentemente, ovvero le esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, oltre a ulteriori limiti di tempo e luogo. La proroga deve avvenire per iscritto come previsto dalla maggior parte della giurisprudenza di legittimità.

Nel caso in cui non vengano effettuate tali accortezze, come spesso accade, vi è la possibilità di impugnare il recesso o la scadenza del termine e richiedere la conversione del contratto a tempo indeterminato. Il Collegato Lavoro impone di effettuare tale richiesta a mezzo raccomandata entro 60 giorni dalla scadenza del contratto o entro il prossimo 24 gennaio per i contratti già conclusi.

I CONTRATTI A PROGETTO

La normativa prevista dal Collegato Lavoro, riguarda anche i contratti a progetto. Si tratta di quei contratti dove il “collaboratore” a progetto non è considerato dalla legge un lavoratore dipendente, bensì autonomo. La normativa è disciplinata dal D.Lgs. 276/06, la c.d. Legge Biagi che ha sostituito il cosiddetto contratto di collaborazione coordinata e continuativa (detto co.co.co.) La normativa del Contratto a progetto non riguarda i rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione ma i rapporti di lavoro fra privati e, rispetto al contratto a tempo determinato, è stata spesso oggetto di critiche e di polemiche. Infatti, in tale fattispecie il compenso può essere legato al raggiungimento degli obiettivi senza tenere conto delle ore di lavoro effettivamente svolte. Inoltre, il contratto a progetto prevede un compenso lordo comprensivo di tasse e contributi più favorevole al datore di lavoro anche dal punto di vista fiscale (non è previsto il TFR o la quattordicesima) e le modalità del compenso è oggetto di valutazione delle parti.

L’oggetto del contratto deve consistere nell’esecuzione di un progetto (o programma di lavoro, o fase di esso), che il “lavoratore” deve poter gestire autonomamente senza sottostare al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro. Gli elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro a progetto sono:

  • il progetto o programma o fasi di esso;
  • l’autonomia del collaboratore in funzione del risultato;
  • il coordinamento con il committente;
  • la durata che deve essere determinata o determinabile;
  • l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione;
  • l’assenza di un vincolo di subordinazione.

Il contratto deve avere ovviamente forma scritta contenendo gli elementi di cui sopra. Da tale descrizione è facile intuire come i contratti a progetto privi in realtà di “progetto” siano in violazione di legge.

Anche in questo caso, per le violazioni delle norme di legge, si può chiedere al Tribunale del lavoro la conversione del rapporto di lavoro a progetto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. E’ necessario però, come per il contratto a tempo determinato, impugnare con raccomandata i contratti già scaduti entro il prossimo 24 gennaio 2011 e per quelli successivi, entro 60 giorni dalla conclusione del rapporto di lavoro.

LICENZIAMENTO, RECESSO o TRASFERIMENTO

Il Collegato Lavoro ha modificato anche le procedure e i termini per l’impugnazione del licenziamento individuale a prescindere dalla tipologia del contratto a tempo determinato o indeterminato. D’ora in poi vi sono 60 giorni di tempo dalla comunicazione del licenziamento per impugnare l’atto.

Anche in questo caso, il 23 gennaio (invero il 24, poiché il 23 gennaio cade di domenica), è la deadline individuata dal Collegato Lavoro, per impugnare il licenziamento (per tutti i motivi di inefficacia e invalidità), il recesso o la scadenza del termine del contratto, e ciò per tutti i rapporti già conclusi nel caso ci si ritenga vittima di una irregolarità. Tale impugnazione va svolta anche in caso d’incertezza sulla qualificazione e titolarità del rapporto di lavoro intercorso.

L’impugnazione è anche necessaria rispetto alla richiesta di costituzione e accertamento del rapporto di lavoro con soggetti diversi dal titolare del contratto, come nei casi di somministrazione abusiva di manodopera relativamente alla violazione della disciplina concernente il contratto interinale. Questa fattispecie si realizza quando, ad esempio, il lavoratore venga “prestato” ad altre aziende di cui diventa “dipendente di fatto”, pur rimanendo il contratto intestato a un altro datore di lavoro.

Anche il trasferimento e la cessione del contratto rientrano nel Collegato Lavoro e sono oggetto di impugnazione. In questo senso pare opportuno distinguere il concetto di “trasferimento” spesso confuso con quello di “trasferta”.

La trasferta si caratterizza per il fatto di comportare un mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione, nell’interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro che la dispone, sicché esulano dalla sua nozione sia la volontà del lavoratore, nel senso che è irrilevante il suo eventuale consenso o disponibilità, sia l’identità o difformità delle mansioni espletate durante la trasferta rispetto a quelle abituali nella sede di lavoro; la trasferta pertanto si distingue dal trasferimento, che comporta assegnazione definitiva del lavoratore ad altra sede diversa da quella precedente, per la persistenza del rapporto con il normale luogo di lavoro (Cassazione civile, sez. lav. 05 luglio 2002 n. 9744).

L’art. 2103 del Codice Civile dispone che il lavoratore “non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo“.

La cessione del contratto, avventa ex art. 2112 c.c. (trasferimento dell’azienda) rientra anch’essa nella disciplina e nelle relative impugnazioni di cui al Collegato Lavoro.

I CONTRATTI INFORMATICI E I CONTROLLI

Nel campo dell’informatica vi sono spesso molti lavoratori inquadrati con contratti a tempo determinato o a progetto per via delle molteplici tipologie “atipiche” di mansioni disponibili.

Spessi vi è anche un “imbarazzo” normativo per via dell’evolversi veloce delle mansioni che i contratti collettivi firmati dalle parti sociali non riescono a prevedere solo in via generale. Per questo in alcuni casi vi è difficoltà ad inquadrare la categoria di riferimento del lavoratore.

Ad esempio, volendo rimanere nell’alveo dei contratti di lavoro subordinati o para-subordinati (escludendo quindi quelli di natura commerciale e di diritto industriale), possiamo avere una serie di contratti corrispondenti spesso ad attività esercitate da imprese o liberi professionisti con partita iva che possono essere applicati anche a lavoratori subordinati o para-subordinati:

– contratti relativi all’hardware.

In tale categoria rientrano tutti i contratti connessi ad assistenza, manutenzione, testing, riparazione di computer, reti, telefonia, ecc…

– contratti relativi al software.

In tale categoria rientrano contratti di programmazione, sviluppo, grafica, designer, gestione della sicurezza informatica, gestione del sito web aziendale, ecc…

–       contratti misti.

In tale categoria vi sono contratti dove difficilmente è possibile distinguere i rami precedenti.

Spesso, in ambito lavorativo, anche per molti giuristi e consulenti del lavoro è difficile consigliare il contratto collettivo di riferimento e il relativo livello, non essendo facile per i “non addetti” tale valutazione. I datori di lavoro si trovano quindi spesso a proporre contratti a progetto o l’apertura di partita iva, per la difficoltà a inquadrare il lavoratore con conseguenze e multe talvolta molto salate.

La tecnologia ha per alcuni versi complicato le cose anche relativamente agli accertamenti dell’Ispettorato del lavoro. Come è noto, tale istituto, presente presso la Direzione Provinciale del Lavoro o presso la Direzione Regionale del Lavoro, si occupa della repressione delle violazioni in materia del lavoro, favorendo la conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore. L’Ispettore del lavoro ha una competenza generale nell’ambito dell’attività lavorativa. In particolare, è preposto alla vigilanza sull’esecuzione di tutte le normative sul lavoro riguardanti i diritti civili che devono essere garantiti ovunque sia prestata l’attività di lavoro a prescindere dallo schema contrattuale, tipico o atipico, utilizzato.

Gli ispettori, hanno appunto il potere di “ispezione” dei locali aziendali, di verifica e di avvio di un procedimento che può portare anche a sanzionare il datore di lavoro nel caso di irregolarità come, ad esempio, l’accertamento di lavoratori in “nero” in azienda.

Tale circostanza, con la possibilità per i lavoratori informatici di accesso a distanza sul server aziendale e di lavoro remoto, complica non poco gli accertamenti che in certi casi si concludono con la visita a stanze “vuote” senza poter facilmente rilevare, per una carenza tecnologica, i terminali connessi dietro cui talvolta si nascondono lavoratori irregolari.

Anche per questo motivo, consigliamo di rivolgervi a giuristi esperti della materia prima di prendere qualunque decisione in merito ad eventuali denunce.

ALTRE MODIFICHE DERIVANTI DAL COLLEGATO LAVORO

Oltre, il famigerato recesso per i casi e le tipologie contrattuali già descritte, vi sono anche altre circostanze oggetto di riforma del Collegato Lavoro. Per capire la portata del testo normativo, riassumo di seguito i principali argomenti interessati dalla riforma:

◦       disciplina in tema di lavori usuranti;

◦       misure contro il lavoro sommerso;

◦       modifiche alla disciplina sull’orario di lavoro;

◦       mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni;

◦       disposizioni in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale;

◦       aspettativa per i dipendenti pubblici;

◦       riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi;

◦       modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in gravità;

◦       certificati di malattia;

◦       clausole generali e certificazione del contratto di lavoro;

◦       conciliazione e arbitrato;

◦       decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato;

◦       accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica;

◦       apprendistato;

◦       disposizioni in materia di collaborazioni coordinate e continuative.

Tra le norme che hanno fatto più discutere possiamo certamente includere quelle relative alle procedure adottate nelle controversie di lavoro. Infatti, dall’entrata in vigore della normativa, la conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente non è più obbligatoria e vi sono strumenti alternativi al riscorso giudiziale. Uno di questi è l’arbitrato, il cui ricorso può avvenire per le liti nascenti dal rapporto di lavoro, solo al termine del periodo di prova o dopo 30 giorni dall’assunzione, ad esclusione della materia del licenziamento.

Vi è inoltre la previsione di un’indennità risarcitoria a carico del datore di lavoro in tutti i casi in cui il termine apposto al contratto dovesse essere ritenuto nullo da parte del giudice. L’indennità in questione va da un minimo di 2,5 mensilità ad un massimo di 12 mensilità, e vieni applicata in via retroattiva anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della legge.

L’ultima circostanza delicata, riguarda l’introduzione della “certificazione” da parte dell’organo pubblico dei contratti di lavoro, con funzione di certificare la validità degli stessi nonché l’effettiva volontà del lavoratore a stipulare quel determinato contratto.

COME E QUANDO IMPUGNARE

Il consiglio principale è quello di rivolgersi a professionisti della materia, quali avvocati o sindacati, essendo la presente riforma molto complessa e multidisciplinare, e peraltro, solo accennata con il presente scritto.

Se, tuttavia, si ritiene di essere stati vittima di un rapporto di lavoro irregolare a tempo determinato, a progetto, un recesso, un trasferimento o un licenziamento illegittimo, dovrete inviare entro il 24 gennaio 2011 il rinnovo dell’impugnazione precedentemente inviata per tutti i rapporti di lavoro già conclusi verso ciascun datore di lavoro.

Per i rapporti di lavoro conclusi successivamente all’entrata in vigore del Collegato Lavoro, quindi successivamente al 23 novembre 2011, sarà necessario impugnare con la stessa raccomandata a/r quello che si riterrà illegittimo entro 60 giorni dalla conclusione del rapporto.

Anche in questo caso, nel rinnovo dell’impugnazione, sarà necessario far riferimento a tutti i datori di lavoro intercorsi facendo attenzione a notificare la raccomandata presso la sede legale dell’azienda oltre che alla sede dove si svolgeva l’attività lavorativa. Con tale impugnazione verranno interrotti i termini di legge e ogni relativa decadenza. Successivamente, si avranno 270 giorni a disposizione proporre azione giudiziale presso il Tribunale competente o eventuali procedure conciliative.

Sperando di fare cosa gradita, abbiamo reso disponibile un modello fac-simile di impugnazione prevista dal Collegato Lavoro per il rinnovo delle pretese del lavoratore nei confronti del datore di lavoro.

 

 

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