I segreti di un’azienda possono essere alla base dei suoi successi, in qualunque campo essa operi. Pertanto, è fondamentale che non trapelino poiché una fuga di notizie potrebbe creare danni irreparabili all’azienda. Da qui nasce la necessità dell’imprenditore di tutelarsi nei confronti dei propri lavoratori sia durante il rapporto di lavoro che al suo scioglimento (è comunque prevista la possibilità di stipulare un patto di non concorrenza anche tra imprese). Oggi ci soffermiamo sul patto di non concorrenza.
Durante il rapporto di lavoro si possono vincolare i dipendenti all’obbligo di fedeltà, ma è più problmeatico tutelare il segreto e la creatività aziendale quando il rapporto di lavoro subordinato non è più in essere. Sorgono perciò due esigenze contrapposte: quella dell’imprenditore di tutelare la propria azienda dal rischio della incontrollata divulgazione di tutto ciò che rende unica la propria azienda (lo stile, i modelli, i disegni, particolari metodologie creative, ecc.) e quella del singolo lavoratore (dallo stilista al product manager) di poter essere “libero” sul mercato del lavoro o di ottenere un corrispettivo per le eventuali limitazioni.
Per venire incontro alle opposte esigenze, è possibile ricorrere al patto di non concorrenza. Esso è un contratto con il quale il lavoratore si obbliga a non svolgere un’attività concorrenziale con quella del suo datore di lavoro per un periodo successivo al termine del contratto di lavoro.
La legge, però, prevede, alcune condizioni da rispettare quando si pone in essere un patto di non concorrenza: innanzitutto, il contratto deve essere stipulato in forma scritta, pena la nullità dello stesso; inoltre, il legislatore ha imposto la previsione di un corrispettivo al lavoratore per assicurargli un guadagno idoneo alle proprie esigenze di vita. Inoltre il patto racchiude limiti temporali (non può superare un quinquennio) e territoriali. Infine, devono essere debitamente delineate le attività concorrenziali vietate.